Al momento stai visualizzando Lavori domestici: conflitto tra condivisione e  ambivalenza femminile
lavori domestici

Coppia e lavori domestici. E’ vero che gli uomini non si impegnano?  Le donne sono ambivalenti?  Come possono le donne ottenere aiuto dai loro compagni ma soprattutto, lo vogliono veramente?

La questione relativa a chi e come si debba occupare  dei lavori domestici è uno dei temi caldi delle coppie moderne.  La riorganizzazione dei ruoli dovuti alle incredibili rivoluzioni tecnologiche che si sono succedute a ritmo forsennato negli ultimi anni ha permesso a uomini e donne di affrancarsi dalle vecchie esigenze della società con la costituzione di una nuova realtà sociale ovvero la coppia, (in passato esisteva solo la famiglia visto che in assenza di anticoncezionali la coppia ci metteva pochissimo ad aggiungere la prole), e lo spostamento delle energie femminili dalla maternità in serie al mondo del lavoro.  Nella fase di transizione ricadono i lavori domestici. E’ vero che gli uomini non si impegnano in questa attività?

La prima cosa che ho notato quando ho deciso di occuparmi della questione è la mancanza di un punto di riferimento obiettivo ovvero qual è l’impegno minimo necessario in quantità e qualità?  Ad esempio quante volte minimo va spazzato il pavimento per assicurare il minimo indispensabile di pulizia? Sicuramente questo dato dipende da diversi fattori ma è necessario quantificarlo anche per evitare di prendere come punto di riferimento quelle donne che dalle mie parti si dice “puliscono sul pulito”.   Altrettanto importante è attribuire un diverso valore alle varie attività, lavare i piatti, ad esempio, è una operazione   prioritaria rispetto al lucidare l’argenteria.

Purtroppo non mi risulta che l’impegno minimo necessario sia stato definito lasciando questo dato nel campo poco confortevole dell’aleatorio.  Torniamo alla domanda originale, gli uomini si impegnano poco nei lavori domestici?
Tutte le ricerche fatte con sondaggi telefonici o questionari confermano questa convinzione.  Solo una ricerca, guarda caso, fatta invece sul campo dalla dottoressa Catherine Hakim, sociologa della London School of Economics ed il suo staff  ha stabilito che le lamentele delle donne secondo cui gli uomini in casa non si dessero da fare era falsa e che anzi gli uomini facessero già molto più di quanto gli venisse effettivamente  riconosciuto.  La vera differenza con gli altri lavori è che lo staff della dottoressa invece di utilizzare improbabili sondaggi è andata a conteggiare sul campo il tempo effettivamente impegnato.

Il perchè di questa notevole disparità e dell’inaffidabilità dei sondaggi relativi a certi argomenti è dovuto al fenomeno scoperto negli anni trenta dallo psicologo Richard La Piere e di cui ho ampiamente parlato nell’articolo:  “Perchè gli exit poll non funzionano? Limiti dei sondaggi” .

Come verificato dalla dottoressa Hakim  anche io avevo notato che le donne minimizzino l’apporto maschile dando per scontato ad esempio che le automobili funzionino senza manutenzione, che la spazzatura vada da sola a depositarsi nei cassonetti ecc. Considerando che anche la ricerca sul campo ha verificato, (nel solo caso di coppie senza figli), un maggiore impegno  delle donne nelle faccende domestiche e che comunque la realtà italiana potrebbe avere delle piccole variazioni rispetto a quanto studiato dalla dottoressa ho deciso di accettare come vera l’ipotesi standard del minore impegno maschile e mi sono domandato:  cosa realmente impedisce ad una coppia dove entrambi hanno un orario di lavoro molto simile e stipendio paragonabile di dividere il lavoro domestico al 50%?


E’ possibile che questa sia semplicemente un’altra delle ambivalenze femminili? Visto che le donne già mostrano ambivalenza rispetto alle emozioni maschili non è insensato pensare che anche rispetto ai lavori domestici la gran parte delle donne in realtà non voglia che il loro uomo usurpi il ruolo di regina della casa.   Le ambivalenze
in fondo sono tipiche delle fasi di transizione ed è proprio il ruolo della donna a subire una profonda ristrutturazione resa necessaria dalle innovazioni tecnologiche.
Il lavoro della Hakim conferma ad esempio che buttare la spazzatura sia un compito svolto generalmente dagli uomini . Il motivo è semplice, uscire dalla tana di notte è pericoloso nella foresta e quindi se ne occupano gli uomini a cui da sempre è stata demandata la sicurezza. Il nostro comportamento istintivo in pratica ricalca quanto definito in epoche remote e in automatico noi tendiamo inconsapevolmente ad organizzarci secondo quegli schemi anche oggi che non viviamo più tra le fiere.

Ho pensato di sviluppare questo articolo in tre parti, nella prima affronto l’ambivalenza femminile, nella seconda mi soffermo su cosa una donna possa fare per coinvolgere il proprio partner e nella terza porterò dei casi reali utilizzando una selezione di domande che negli anni mi sono state fatte riportando anche le mie risposte.

Ambivalenza femminile

Confortato da diverse osservazioni reali e domande ricevute su internet con relativa discussione  rilevai che in realtà le donne citate commettevano degli errori molto grossolani, ad esempio rimproverando aspramente il compagno al primo minimo sbaglio invece di incoraggiarlo.  Possibile che si trattasse di errori e non di un inconsapevole boicottaggio? Mi domandai: a parte, ovviamente, quelle donne che dicono apertamente di considerare poco virile un uomo impegnato in attività domestiche le altre non potrebbero vivere una ambivalenza radicata che le porta a chiedere consapevolmente un impegno e inconsapevolmente a demotivare l’altro dal darlo?

Avendo notato che diverse donne usavano la recriminazione: “la casa è tutta sulle mie spalle” in discussioni in cui la cosa non era pertinente avevo inizialmente  immaginato che in realtà la cosa venisse usata come un jolly da giocare al momento opportuno. Un ricatto emotivo volto ad ottenere vantaggi in altri settori della relazione,  ( rimando all’ottima descrizione del ricatto emotivo fatta dai coniugi Allan e Barbara Pease (L1)) .  Mi sono successivamente domandato se l’opportunità del ricatto emotivo potesse essere una causa o soltanto un utile effetto collaterale optando per la seconda ipotesi.

La dottoressa Daphne Kingma dice una cosa molto interessante  anche se riferita al rifiuto delle donne ad aiutare il loro uomo ad appropriarsi del proprio mondo emotivo e quindi non riferita all’argomento specifico di questo articolo.

Sotto il rifiuto delle donne di aiutare gli uomini [a cambiare] si nasconde un altro segreto inquietante: le donne hanno paura di perdere la palma del martirio di cui si sono sempre gloriate.E’ come se funzionassimo secondo il motto: se una sofferenza si adatta a te, indossala. I martiri si aspettano sempre che la situazione sia disperata e che non possa assolutamente migliorare. (Daphne Kingma (L2))

Il “martirio” insieme al ricatto emotivo spiegherebbe tutti i boicottaggi inconsapevoli che le compagne spesso fanno chiedendo un aiuto ma poi di fatto operando affinchè questo non arrivi.

Se però devo essere onesto io in realtà in questo comportamento vedo più la paura inconsapevole di non essere indispensabili. E’ come se una donna si sentisse rassicurata dal fatto che il compagno sia dipendente da lei ed è come se istintivamente abbia paura che un compagno autosufficiente sia a rischio.
Da notare che un meccanismo simile interviene nel rapporto madre/figlio maschio, anche in questo caso, secondo me,  alimentare la dipendenza rassicura la madre.

A questo punto mi sono posto due domande:
E’ immaginabile l’esistenza di  un “complotto sociale” ?  In pratica la madre rende il figlio maschio dipendente da una donna, (eppure sia nell’interesse del figlio che nel proprio dovrebbe operare affinchè il discendente non dipenda  dalla compagna), seguendo un codice sociale non scritto?
Un uomo che si veda incapace di vivere al di fuori della famiglia può essere una delle strategie messe in atto dalla nostra società in tempi remoti per motivare gli uomini a formare innanzitutto delle famiglie e a conservarle stabili. In questo caso la madre segue inconsapevolmente il suo interesse biologico ad avere dei nipoti e soprattutto a fare in modo che questi sopravvivano. Non dimentichiamoci che in  molte società preindustriali la presenza del padre triplicava la probabilità di sopravvivenza dei figli. Dal mio punto di vista ritengo credibile che le donne abbiano inconsapevolmente fatto proprio questo codice secondo cui un uomo debba passare dalla tutela di una donna (la madre) alla tutela di un’altra donna (la moglie).

L’altra domanda che mi sono posto è stata invece: Non è possibile che vi sia anche un piacere della donna nel prendersi cura del partner?
Kathryn Shutt ha scoperto che quando le femmine di macaco pettinano la pelliccia di un altro macaco è chi pulisce che trae il massimo beneficio e non chi riceve il trattamento. Più tempo la femmina di macaco passa a spulciare un altro macaco meno sarà stressata.

Una cosa similare  succede nel caso della madre che al solo contatto con il neonato riceve delle scariche di ossitocina, un ormone che calma lo stress e tranquillizza.  La natura non è stupida e lega la madre al figlio specie nei primi mesi di vita del neonato creando una “dipendenza” da ossitocina capace di portare la madre a vivere una “crisi di astinenza” quando sta troppo tempo lontana dal pargolo.

E’ perfettamente ipotizzabile che un meccanismo simile intervenga anche nel rapporto col partner dove la donna riceve una dose di ossitocina quando si prende cura del marito o del convivente. Anche in questo caso la natura avrebbe trovato uno stratagemma per offrire sostentamento alla donna, (in assenza di anticoncezionali le donne vivevano gran parte della loro esistenza in stato interessante o allattamento), e ai bambini troppo piccoli per essere autosufficienti.

I picchi di estrogeni e ossitocina che la portavano a farsi carico dei bisogni altrui avevano smesso di condizionare ogni mese i suoi circuiti cerebrali [la dottoressa Brizendine parla del passaggio alla menopausa] Naturalmente amava ancora intensamente i figli, ma non c’erano più il contatto fisico e gli abbracci a stimolare l’ossitocina, o le sollecitazioni degli estrogeni a innescare i suoi circuiti per i comportamenti di cura. Come è ovvio, poteva ancora svolgere questi compiti, ma non si sentiva più costretta a farlo ( Louann Brizendine- il cervello delle donne)

 

Altri argomenti a favore di questa ipotesi:

  • L’ipotesi ossitocina spiegherebbe la differenza rilevata dalla dottoressa Hakim: in assenza di figli è il compagno ad essere l’unico oggetto delle cure femminili e quindi l’unico “fornitore” di ossitocina a cui la donna attinge grazie alle funzioni di cura mentre con la nascita dei figli vi è un aumento di “fornitori” e il compagno “retrocesso” aumenta il suo contributo al funzionamento dell’economia domestica.
  • L’effetto notato sulle femmine di macaco può essere notato anche nelle reti sociali femminili. Una donna  stressata, (l’ossitocina è un ormone antistress), ricorre alle amiche e anche in questo caso il meccanismo è chiaro: le donne allevavano insieme i figli e spesso una donna si prendeva temporaneamente  cura dei figli di un’altra impegnata altrove ottenendo il ricambio del favore in un’altra occasione.  Il comportamento  “altruista” è quindi un adattamento della natura volto allo scambio di servizi.
  • Prendersi cura degli altri, ad esempio con il volontariato, è effettivamente una strategia consigliata da autori quali John Gray alle donne per contrastare lo stress.
  • Susan Pinker  offre un dato molto interessante: il 20% circa delle donne non vuole avere impegni diversi da quelli della cura e della casa, il 60% circa delle donne vuole assolutamente conciliare  casa e lavoro e solo il 20% delle donne risulta interessata principalmente alla carriera lavorativa.  Difficile avere risultati simili se non vi fosse una motivazione importante e la ricompensa in ossitocina è una motivazione valida.


Onestamente ritengo credibile che anche questo aspetto contribuisca a determinare l’ambivalenza in esame anche se ovviamente bisogna tener presente che le donne presentano un certo grado di variabilità tra loro e che vanno sicuramente escluse le donne con il gene recettore dell’ossitocina “non funzionante”.

A questo punto resta da capire perchè generalmente le donne si lamentino dello scarso impegno dei loro uomini se in fondo, almeno un buon numero di loro non ci tiene poi tanto ad averlo.

 

John Gray ci offre un interessante punto di vista

Al termine di una giornata stressante [Gray si riferisce alla giornata lavorativa fuori casa] una donna tende ad avere molta dopamina che la sprona ad agire ma poca serotonina. L’alto livello di dopamina le dice che ha parecchie cose da fare, mentre il basso livello di serotonina le dice che non ha il tempo o l’aiuto necessario per farle. La donna si sente sopraffatta ( Jhon Gray (L3))

In pratica le donne generalmente  vorrebbero l’aiuto solo quando si sentono sopraffatte.

Piccola parentesi: l”idea esposta da John Gray è, secondo me, particolarmente importante per chi lavora nella domotica. Ormai tra attrezzi elettronici in commercio e attrezzi di prossima commercializzazione il lavoro domestico si sta riducendo veramente al lumicino però il rischio da non sottovalutare è che i progettisti si siano orientati verso una mentalità maschile secondo cui se i robot fanno il nostro lavoro in casa ci si stende e si guarda la tv ma questo potrebbe non essere il comportamento femminile. Il basso livello di serotonina potrebbe indurre una donna  a cercare comunque qualcosa da fare vanificando almeno in parte il successo delle innovazioni o riducendo la portata commerciale dei prodotti da immettere sul mercato.

Donne e uomini reagiscono allo stress in modo diverso ed infatti gli uomini vedendo la compagna stressata le dicono di stendersi e rilassarsi, una strategia valida per un uomo ma inefficace per le donne.

Di solito , a meno che una donna non sia completamente esausta, sdraiarsi non l’aiuta a ridurre lo stress. Riposarsi sul divano le offre un sollievo minimo. Ben presto inizia a sentirsi irrequieta, pensando a tutte le cose che deve . Allora si alza e si mette al lavoro (Jhon Gray (L3))

Come ottenere dal partner l’aiuto necessario in casa

Qualsiasi strategia deve tenere conto di una cosa importante, per gli uomini la tana è sempre stato il rifugio dove potevano rilassarsi dopo una giornata a caccia di prede mentre per la donna è stato il luogo di maggiore attività visto che per preservare il loro potenziale riproduttivo le società antiche preferivano evitare che si mettessero in pericolo di vita. I millenni hanno consolidato nella biologia dei sessi questo stato di cose.

L’uomo torna a casa con bassi livelli di dopamina. Non ha voglia di fare niente, ma ha in circolo molta serotonina che lo fa sentire bene, gli consente di rilassarsi e di ricostituire le riserve di testosterone. il suo stress si scioglie come neve al sole. (Jhon Gray (L3))

Praticamente John Gray ci mostra come uomini e donne arrivino a casa con una situazione ormonale addirittura opposta e tendenzialmente esplosiva. Lui non riesce a capire tutta la frenesia femminile nel non rimandare a più tardi cose non necessarie (dopamina alta in lei e bassa serotonina) e lei non sopporta il fatto che lui stia tranquillamente rilassato (serotonina alta) e rimandi tutto il rimandabile (dopamina bassa)

Come giustamente dice John Gray gli uomini ragionano secondo due direttrici principali:
1) reattività al pericolo, infatti l’amigdala, (l’area cerebrale che svolge il ruolo della centralina di allarme), è doppia negli uomini rispetto alle donne

2) priorità, un uomo sistema sempre in una lista le cose da fare e attibuisce loro una diversa priorità.

In questa logica difficilmente un uomo considererà delle attività di routine come prioritarie e soprattutto difficilmente appena tornato a casa penserà di svolgere compiti che potrebbero essere svolti più tardi.

Una donna dovrebbe innanzitutto fare una analisi onesta di ciò che il compagno svolge realmente. Dovrebbe evitare la tentazione femminile alla recriminazione sostituendola con richieste specifiche e chiare ma soprattutto dovrebbe compilare delle liste di compiti da svolgere lasciando al compagno l’opportunità di stabilire che priorità dare oltre a concedergli un certo margine sui tempi di realizzazione.  Riconoscere l’impegno e motivare invece di criticare e recriminare produce risultati migliori.

Il sistema non funziona se la donna, invece di stilare la lista richiede obbedienza immediata. Se la donna non rispetta il bisogno dell’uomo di stabilire le priorità e decidere autonomamente delle proprie azioni, lui finirà per opporre resistenza. (John Gray)

Alcune domande

D:  Alla mia compagna non piace stirare e io per toglierle un po’ di carico di lavoro le ho chiesto di insegnarmi  a farlo. Mi ha detto di si ma trovava sempre scuse. Un giorno ho preso alcune mie magliette  sacrificabili , ho preso il ferro e le ho chiesto di guardare. Avevo appena posato il ferro sulla maglietta che me lo ha tolto di mano e ha stirato lei tutte le magliette.  Certo, devo imparare ma se non mi insegna sarà sempre lei a stirare.

R:  se vuole insegnarti a fare qualcosa ha completamente sbagliato strada, deve incoraggiarti non sostituirti. Non so che dirti. L’unico consiglio che ti do è di insistere ma di stirare solo la tua roba perchè se farai un solo errore sulla sua biancheria la cosa ti verrà rimproverata per il resto della tua vita.

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D: … ma come faccio ad aiutarla. L’altro giorno sono tornato a casa prima e volendo farle una sorpresa ho dato una pulita alla cucina. Quando è arrivata mi ha chiesto quale panno avevo usato e per sfortuna avevo preso quello sbagliato prendendomi un cazziatone. Vorrei aiutarla, non perchè sono buono ma perchè non sopporto le sue lamentele ma come faccio? ogni volta che prendo un panno mi domando se è il colore giusto e resto bloccato.

R:  questa storia mi ricorda una vecchia barzelletta.
la moglie è malata e bloccata a letto e chiede al marito un caffè. Lui pieno di buona volontà va in cucina e dopo un quarto d’ora torna dalla moglie con la coda tra le gambe e dice: non sono riuscito a trovare il caffè.
Lei irritata risponde:  sei sempre il solito imbranato devi prendere il barattolo con su scritto farina!

In fondo lei ha usato un suo codice e ha associato ad ogni funzione un colore a sua scelta. I tuoi codici e le tue associazioni potrebbero essere diverse, non c’è alcun motivo perchè seguiate gli stessi criteri.  Lei deve scrivere tutte le associazioni che ha operato in modo da farti avere un comodo strumento. Se non hai doti di telepatia è difficile riuscire ad entrare nella mente altrui.

D:  glielo ho già detto di scrivere, lei però mi ha detto che non lo farà mai. Mi ha detto che se io facessi sempre i lavori di casa non avrei bisogno di nessun foglio scritto perchè ricorderei e non ricordo perchè non lo faccio. E poi se glielo chiedo quando sta a casa sbuffa e dice che non ricordo perchè non faccio niente.

R:  è un cane che si morde la coda purtroppo. O lei cambia approccio o si rassegna a fare da sola perchè ti ha messo in un vicolo cieco.  In realtà una delle cose che io considero potenzialmente più distruttive nella coppia è l’idea tutta femminile che un uomo debba praticamente leggere nella mente della compagna. Non so se esiste qualche uomo capace di farlo, (dubito), ma se esistono sono rari.

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D: una cosa che non sopporto è quando mi chiede di fare cose inutili. Certe volte mi chiede di scopare per terra  ma a fine lavoro vedi che hai raccolto poco e niente. Se raccogli un po’ di polvere uno è contento pure perchè ha fatto una cosa utile ma trovare poco o niente ti fa vedere che hai perso tempo.

R:  Questo problema è stato anche il mio in realtà! L’idea che alcune cose vadano fatte per routine anche se non c’è un evidente bisogno è una cosa che mi ha sempre infastidito ed è stato causa di diversi scambi accesi di opinioni.  Come dico sempre bisogna essere creativi nel risolvere i problemi di coppia e io ho risolto semplicemente comprando uno di quei robottini aspirapolvere.  Basta premere un tasto e fa tutto lui andando a spasso per la casa.

di: Ettore Panella

POST SCRIPTUM
Sette mesi dopo la pubblicazione di questo mio articolo sono usciti i risultati di una interessantissima ricerca di cui da notizia The Telegraph. Thomas Hansen, co-autore dello studio dal titolo “Equality in the Home (uguaglianza a casa)”.
ha spiegato:  i dati raccolti dai ricercatori hanno mostrato chiaramente che più aumenta l’impegno a casa dell’uomo più aumenta il tasso dei divorzi addirittura del 50%. Lo studio svolto in Norvegia ha attestato che 7 donne su 10 hanno un maggior carico di lavori domestici e che lo fanno volontariamente sentendosi più felici delle donne definite “moderne”. Al contrario gli uomini che si impegnavano maggiormente in casa risultavano essere più felici, (probabilmente perchè non  potevano subire il ricatto emotivo).  La ricerca nata per dimostrare proprio il contrario, ovvero che le coppie più solide fossero quelle con maggior condivisione, ha sorpreso tutti e molti sono stati i tentativi di fornire una spiegazione politicamente corretta.  Personalmente ritengo che questa sia una ulteriore prova che la mia teoria sull’ambivalenza feminile sia corretta.

Un’altra ricerca invece notava come l’impegno  nei lavori domestici dell’uomo aveva un impatto negativo sulla sessualità
http://www.salute24.ilsole24ore.com/articles/15161-sesso-migliora-quando-lui-non-lava-i-piatti

La mia cara amica Rita ha commentato la ricerca in una nostra discussione con un post interessante che riporto:

la questione dei ruoli “divisi” aveva come vantaggio l’esclusione della competizione in una coppia, secondo me. Il punto è che se ognuno sa fare bene tutto è troppo indipendente probabilmente e viene visto come a “rischio” di cambiamento. Il discorso dell’innamoramento è fuorviante. L’innamoramento è coinvolgimento, ma non può essere mantenuto agli stessi livelli per lungo tempo. Necessariamente ci saranno alti e bassi, periodi di maggiore o minore coinvolgimento dell’uno o del’altra. Periodi in cui chi è coinvolto ad un livello maggiore e teme di perdere l’altro membro della coppia cercherà di fare di più, altro che negoziare. La negoziazione in una coppia la può fare chi ha il minor livello di coinvolgimento emotivo, secondo me. A me per esempio, un uomo che sappia lavare i piatti meglio di me o stirare una camicia meglio i me (cosa facilissima vista la mia scarsa attitudine all’igiene domestica e al fatto che non porto camice) mi potrebbe dare fastidio nella misura in cui mi facesse pesare questa cosa costringendomi ad alzare il mio livello di stiratura per competere con lui e continuare a “meritare” in un certo qual senso la sua compagnia e il suo affetto. E poi mi chiedo: quanto conta il fatto che, diciamocelo, sono lavori noiosi ma tutto sommato facili e sono il prezzo più basso per mostrare la propria indispensabilità? Ovviamente tutto ciò viene a mancare nel momento in cui cade il coinvolgimento emotivo: è allora probabilmente che scattano lamentela e piagnisteol

 

Bibliografia
(L1)  Allan e Barbara Pease – “perchè gli uomini lasciano sempre alzata l’asse del water e le donne occupano il bagno per ore”

(L2)  Daphne Kingma – ” L’altra faccia degli uomini – i segreti della psicologia maschile messi a nudo da una donna”

(L3) John Gray  – “Marte è di ghiaccio e Venere è di fuoco”

–  Susan Pinker – il paradosso dei sessi

–  Louann Brizendine- il cervello delle donne

– http://www.corriere.it/cronache/10_agosto_05/lavori-casa-uomini_3b97a964-a07f-11df-bc17-00144f02aabe.shtml

Questo articolo ha 8 commenti

  1. adriana

    ottimo articolo, non tutto condivisibile. Ragazze, conviene leggerlo attentamente.

  2. vnd

    Articolo interessantissimo la lettura del quale mi è stata suggerita da una frequentatrice di un blog sulla Questione Maschile.Ho apprezzato molto il passaggio sulle competenze maschili.Se l’unico giudice del comportamento domestico del maschio (o del padre) continua ad essere la femmina, non può stupire che le competenze maschili (manutenzioni e riparazioni varie) vengano sminuite.I casi di infortuni sul lavoro e i dati sulle morti bianche dimostrano che, a dispetto delle dichiarazioni femministe sull’uguaglianza e dell’insoddisfazione per la disoccupazione femminile, esiste una vera e propria ghettizzazione del lavoro maschile in ruoli faticosi, logoranti e pericolosi.Ne consegue che, ammesso che sia vero che non esistano più i lavori da donna, risulta evidente che continuano ad esserci quelli da uomo.

  3. Vnd

    contributo n.2Risulta, pertanto, abbastanza ovvio che la disoccupazione femminile sia più elevata di quella femminile, considerato che:1. molte donne preferiscono ancora fare la casalinga;2. la donna casalinga è ancora accettata dalla collettività a differenza del disoccupato che è guardato con sospetto;3. le donne cercano occupazione prevalentemente nel settore terziario e comunque rifuggono determinati mestieri. Se la disponibilità di lavorare non è proiettata a 360 gradi, il minimo che ci si possa spettare è che la percentuale di lavoratrice occupata sia più bassa..

  4. vnd

    Contributo n.3Questa specializzazione del lavoro maschile esiste nel mondo del lavoro e si proietta anche nell’ambiente domestico.Questo è ancor più vero per chi abita in campagna. Esistono lavori che le donne preferiscono delegare ai mariti o ai figli maschi: spaccare legna, rasare l’erba, ridipingere le pareti.oltre, s’è già detto, alle operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria.Non mi meraviglierebbe se l’ossitocina o qualcosa di analogo agisse anche nel maschio che ha concluso positivamente una riparazione. E non è detto che i lavori maschili non diano soddisfazione ai maschi pur essendo disprezzati dalle femmine.

  5. vnd

    Contributo n.4La suddivisione tradizionale dei ruoli domestici non nasce a tavolino o dalle idee di filosofe teoriche, spesso accecate dal risentimento e afflitte da una certa incapacità di relazionarsi con l’uomo. Probabilmente, invece, è nata dal caso, ma millenni di selezione darwiniana hanno selezionato quei comportamenti vantaggiosi ed efficienti che hanno consentito all’umanità, soprattutto alle civiltà che vi si sono conformate, di sopravvivere fino ai nostri giorni

  6. Sara

    articolo interessante, in alcune dinamiche purtroppo mi rivedo.
    mio marito cerca di aiutarmi nelle faccende domestiche, ma “sbaglia” (dal mio punto di vista) e mi vengono dei gran nervi, oggettivamente spropositati.
    SE poi mi dice “spiegami cosa devo fare” è la fine: divento una belva 😛 perché mi sembra impossibile che non capisca DA SOLO che cosa c’è da fare… e gli rispondo che nel tempo in cui io gli spiego che i calzini sporchi vanno raccolti da terra e messi in lavatrice, faccio prima a farlo e basta (se per lui è un concetto così misterioso da doverglielo spiegare)

    comunque al di là delle esperienze personali, volevo aggiungere una cosa che ho letto anni fa, e che ritengo fondata:
    gli uomini si sentono rappresentati dal lavoro che fanno, e considerano la propria abitazione come una “tana” nella quale rifugiarsi e “allentare la cravatta”.
    Per la donna invece la casa è la rappresentazione di se stesse, perché storicamente ci si aspetta che sia gestita da lei; quindi casa sciatta = donna sciatta (anche se magari è una donna curatissima nel vestire..), casa elegante = donna di classe, ecc.

    Penso che sia vero, io personalmente mi sento molto in ansia quando mio marito mi butta lì che ha invitato superiori/ colleghi o conoscenti a casa.. so che lui non nota le cose da sistemare, i lavori da fare, lo sporco da pulire, non penserà a cosa offrire da bere e da mangiare, a come rendere più accogliente l’ambiente…
    e se la casa non sarà presentabile, “so” che gli ospiti penseranno “che abitazione trascurata, la moglie non sa prendersi cura della casa!”
    (non essendo io particolarmente maniaca dell’ordine e non amando passare le mie giornate a rassettare.. va da sé che ODIO ricevere ospiti 🙁 )

  7. laura

    L’articolo gia parte male. Salete cosa? Scambierei mille volte uscire a buttare la spazzatura e fare cio che fã miomarito con le faccende di casa. Non perche non mi va di Farle, ma perche diventa routine che le faccia solo io, a parte sporadici casi: entrambi lavoriamo, nella stessa área, ma io voglio viver e in un ambiente pulito, perche é mio diritto. Facciamo che io butto la spazzatura e aggiusto la machina e monto i mobili, e lui fã il resto, riordina, pulisce, lava e cucina? Cosi Almeno io posso dedicarmi alla realizzazione di obiettivi personali che vanno al di fuori della coppia? Sara che le donne si annullano nella ricerca di un ambiente sano in cuí viver e? Sara che questo articolo tralascia questo dettglio, che alle donne non gliene frega molto delle pulizie, ma esigono che la casa sia pulita per viverci, come non c e aiuto dal compagno devono risolversi da sole??

    1. Autore

      Il commento si pone su un piano razionale ma se esiste una cosa su cui tutte le scuole di psicologia concordano è proprio il fatto che gran parte del nostro comportamento risponde a regole inconsapevoli. Come ben sanno i pubblicitari noi scegliamo o agiamo in modo non razionale e poi dopo cerchiamo una giustificazione razionale.
      Supponendo per assurdo che l’argomento in questione risponda a criteri razionali provo a rispondere.
      Uomini e donne hanno standard diversi riguardo alla casa questo è vero. I lavori domestici vanno però divisi in essenziali e facoltativi. Sugli essenziali è lecito chiedere una condivisione ma considerando le lavatrici, lavastoviglie, rumba , robottini da cucina e che , almeno nella mia città tutti i fruttivendoli a richiesta danno le verdure già pronte per la cottura e altrettanto fanno i pescivendoli e che i supermercati offrono già ottimi surgelati o sughi già pronti ecc. Il lavoro di gestione per una casa da 80 – 90 mq è ridotto veramente a poco.
      Sui lavori non essenziali spetta a chi ci tiene impegnarsi. Lucidare l’argenteria o passare la cera non sono lavori essenziali. Anche l’organizzazione della casa deve prima di tutto rispondere a criteri di efficienza per cui , giusto per fare un esempio, sarebbe bene eliminare tutti i ninnoletti che rendono inutilmente impegnativa l’operazione di spolvero.

      In ogni caso la sua idea di scambiare i ruoli con suo marito può essere un’ottima idea soprattutto perchè un approccio diverso può introdurre innovazioni nel modo di fare le cose.

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